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Antropologia

Un viaggio alla scoperta di popoli e tribù con una ricca esposizione di maschere rituali, falcetti, armi, coltelli…

La sala

La sala antropologica si propone al visitatore con diversi reperti appartenuti principalmente ai popoli indigeni africani, sud-americani, asiatici e dell’Oceania: un continente rimasto per lungo tempo isolato e inesplorato.  Asce, spade, coltelli, falcetti e non solo … il tutto esposto con un’approfondita descrizione dei popoli di origine e delle loro culture. Particolarmente apprezzata è la distinta collezione di maschere tribali, ognuna con un preciso significato tra rituali e magie con lo scopo di appropriarsi della forza soprannaturale degli spiriti per utilizzarla a beneficio della comunità.

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Popoli Asiatici

La cultura asiatica risulta come l’aggregato culturale di molte nazionalità, società, religioni e gruppi etnici. Uno dei più complessi aspetti della cultura asiatica è sicuramente il rapporto tra le culture tradizionali e il mondo occidentale. Il continente viene più comunemente diviso in regioni geografiche: l’antica cultura cinese domina la parte orientale dell’Asia, mentre quella indiana la parte meridionale. Al nord sono presenti le repubbliche socialiste, mentre nel sud-est asiatico persiste il forte il contrasto tra le tribù che vivono allo stato rurale e l’occidentalizzazione nei grandi centri urbani.

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Popoli dell'Oceania

Le popolazioni indigene dell’Oceania arrivarono circa 45 mila anni fa. Giunsero dall’Asia, passando da un’isola ad un’altra, e sbarcarono sulla costa settentrionale. Tipicamente nomadi, non possiedono né villaggi né vere e proprie capanne, ma hanno solo ripari provvisori contro il vento, fatti con frasche e corteccia. Sono raccoglitori e cacciatori, quindi la loro principale attività è la ricerca di cibo. Su tutto il continente si possono distinguere tre popolazioni principali: gli aborigeni australiani con circa 500 popoli diversi che vivono per lo più nelle periferie degradate delle città, ciascuno con una propria identità linguistica e territoriale; i papuani che vivono nella Nuova Guinea e nelle isole vicine, organizzati come agricoltori e cacciatori e minacciati dalla deforestazione che sta seriamente danneggiando il loro stile di vita tradizionale; gli Austronesiani che vivono nella Nuova Zelanda con una lingua appartenente al vasto gruppo delle lingue austronesiane (presenti anche in Madagascar, Arcipelago malese, Formosa e in Oceania).

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Popoli Africani

L’Africa è un mosaico di popoli, racchiusi in un unico continente, con culture molto diverse. È difficile parlare di un’unica cultura africana, perché essa dipende essenzialmente dal concetto di famiglia e di gruppo etnico. 

 

La tribù Masai, per esempio, vive nell’Africa Orientale, in Tanzania e in Kenya, ed è un popolo di pastori nomadi. Le lance sono usate per difendere il bestiame, la comunità e il guerriero stesso, contro gli animali selvatici e gli invasori, ed è considerata il bene personale più prezioso. 

 

I Dogon, invece, vivono per lo più nel Mali, un paese situato nella frontiera del Sahara con le savane dell’Africa occidentale, in abitazioni fatte di fango e coperte dal tipico tetto di paglia. Le loro armi, oltre ad essere strumenti per la guerra e la caccia, servono ad identificare il gruppo di appartenenza del guerriero, dandone il rango, il valore e la ricchezza.

 

Altri popoli che possiamo annoverare nella sala sono i Ngome, i Banda, i Kuba, i Mangbetu, i Songye, i Kifwebe, i Luba …  ognuno con una storia culturale, a volte fatta di violenza e tendente quindi verso la guerra, altri, come i Mangbetu, conosciuti principalmente per la loro arte e musica.

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Popoli Sud-Americani

Sulla base di ricerche archeologiche, i primi abitanti dell’America del sud discendono da popolazioni asiatiche di cacciatori e raccoglitori. Si pensa arrivarono in America dapprima attraverso lo stretto di Bering e quindi attraverso l’istmo di Panama. Gli Yanomami sono tra i popoli autoctoni più antichi e numerosi dell’America Latina e il loro nome significa “gli esseri umani”, che si contrappone a “napè” che designa stranieri, nemici e uomini bianchi. Questo gruppo etnico abita nella zona della foresta dell’Amazzonia al confine tra Venezuela e Brasile: il territorio è composto da una densa foresta scarsamente popolata, dove le diverse comunità compiono una vita seminomade, spostandosi a mano a mano che i terreni attorno ai villaggi perdono produttività o quando il popolo si sente minacciato.  La struttura base della cultura Yanomami è la casa comunitaria chiamata “sciabono”, che conta diverse capanne. La costruzione dello sciabono è frutto dell’accordo e del lavoro della collettività: la scelta del luogo è sempre dettata dalla sicurezza dagli attacchi esterni, dalla fertilità del terreno da coltivare, dalla lontananza da fiumi o ruscelli. 

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Homo Erectus

Intorno a 1,6 milioni di anni fa cominciò a diffondersi, prima in Africa, poi in Asia e in Europa, una nuova specie: l’Homo erectus. Egli perfezionò gli strumenti litici fabbricando le Amigdale (che significa a forma di mandorla), ovvero ciottoli e sassi scheggiati simmetricamente sulle due facce molto appuntite e taglienti a forma ovale o di goccia utilizzati come coltelli, punta di lancia e se legati ad un bastone come ascia. L’Homo erectus non sapeva solo usare armi, utensili e cacciare con diverse strategie ma sapeva anche dominare e usare il fuoco. Sicuramente i primi ominidi conoscevano il fuoco, viste le continue eruzioni vulcaniche e i numerosi incendi spontanei di foreste e di praterie, provocati dalla caduta di fulmini, ma lo evitavano. L’uso controllato permise la successiva evoluzione dell’uomo. Inizialmente non sapevano accenderlo, ma con pezzi di legno cercavano di alimentarlo, lo riparavano dalle piogge e lo conservavano a lungo portando con loro in viaggio tizzoni ardenti. Il fuoco diventò un elemento essenziale per soddisfare i loro bisogni naturali primari quali: riscaldarsi, difendersi dagli animali, illuminare, cuocere i cibi rendendoli morbidi, saporiti e più digeribili. Solo in seguito l’uomo imparò ad accenderlo percuotendo insieme due pezzi di pietre, l’una ferrosa e l’altra di selce, o con lo sfregamento rapido di due legnetti provocando così delle scintille che cadendo su materiale facilmente infiammabile come foglie, erbe o muschio secco, accendevano dei veri e propri falò. Grazie al consumo di carne e all’utilizzo del fuoco per cuocerla, la durata della vita si allungò, la masticazione venne facilitata ed i muscoli masticatori si ridussero. Questa grande conquista permise un rapido aumento della popolazione e la nascita dell’esigenza di cercare nuovi spazi: iniziò quindi la diffusione del genere Homo anche in Europa ed in Asia.

TIGRE A DENTI A SCIABOLA (MACHAIRODONTINAE)

Questo felino visse 13–2 milioni di anni fa e la caratteristica principale era sicuramente la presenza di lunghi canini superiori a forma di sciabola. Queste zanne erano delle armi micidiali utili per la caccia: balzava addosso alle grandi prede, affondando le zanne nel collo e producendo ampie lacerazioni. Dopodiché si allontanava e lasciava che le malcapitate morissero dissanguate.

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Homo di Neandertal

L’Homo di Neanderthal dominò non solo l’Europa, ma si diffuse anche in Asia occidentale, tra i 100 e i 35 mila anni fa, durante l’ultima glaciazione. Grazie alle sue notevoli capacità di adattamento all’ambiente, visse principalmente in climi freddi; infatti non erano molto alto, circa 150–160 cm ed era abbastanza robusto e muscoloso, con arti relativamente corti, per evitare la dispersione del calore corporeo. La mascella era massiccia, il mento sfuggente, i denti molto robusti, le narici larghe per riscaldare e umidificare in modo più efficiente l’aria di un ambiente freddo e secco, le arcate sopraccigliari robuste, e il cranio era grande perché il cervello era più sviluppato rispetto gli altri ominidi, il volume del cranio raggiunse i 1500-1600 cm3 (superiore al nostro). Avevano arcate dentarie spostate in avanti e questo si pensa sia associato all’uso dei denti come strumenti di lavoro, per lavorare e tagliare le pelli, per vestirsi oppure per costruire sacchi dove raccogliere utensili e cibi, o degli otri per l’acqua. Erano diventati dei cacciatori specializzati e perfezionarono diverse strategie di caccia; infatti catturavano animali grandi come il mammut e il rinoceronte lanoso, con strumenti ricavati da ossa e corna. L’uomo non viveva più sotto un cielo stellato, ma in caverne o grotte fredde e umide, spesso riscaldate da focolari: abitazioni più sicure dagli attacchi dei predatori, dagli agenti atmosferici e che offrivano la possibilità di accumulare provviste. Gli uomini di Neanderthal vivevano in gruppi poco numerosi, ma ben organizzati, ognuno aveva un ruolo fondamentale: l’anziano custodiva il sapere e dava consigli; il giovane era il cacciatore, colui che aveva forza e forniva cibo attraverso la caccia a tutto il gruppo; la donna provvedeva alla raccolta, alimentava e custodiva il fuoco e si prendeva cura dei figli. Sicuramente comunicavano tra di loro mediante una forma di linguaggio adatta alla vita sociale che avevano sviluppato, emettendo alcune vocali ed associando particolari suoni a determinate cose o azioni. Non è ancora stata stabilita la causa dell’estinzione dell’Homo di Neanderthal, ma si pensa che data la sua scarsa capacità organizzativa rispetto al sapiens, permise a quest’ultimo arrivato dall’Africa di diffondersi anche in Europa, già da circa 40 mila anni fa. Sembra che gli uomini di Neanderthal siano stati i primi a seppellire i loro morti, dando inizio al culto di essi. Vennero rinvenuti scheletri sepolti in tombe scavate sul fondo delle grotte assieme ad utensili e armi che ritenevano potessero servire dopo la morte. Insieme al culto dei morti, si pensa che l’uomo di Neanderthal credesse nella presenza degli spiriti degli animali: in molte caverne da lui abitate vennero rinvenuti crani di orso deposti a volte su delle specie di “altari”.

RINOCERONTE LANOSO (COELODONTA ANTIQUITATIS)

Vissuto 500 mila anni fa, si estinse 10 mila anni fa durante la fine delle glaciazioni a causa degli improvvisi mutamenti climatici. Il corpo era interamente rivestito da due strati di pelo: uno più sottile che rivestiva la pelle dell’animale, l’altro più superficiale composto da peli più lunghi e rigidi. Aveva le corna come difesa dai predatori, infatti non si cibava di carne, ma di erba, cespugli, muschi e licheni, che brucava nella tundra.

GROTTA DI CHAUVET

Trovata in Francia dallo speleologo (cioè colui che studia le grotte, la loro origine e le loro caratteristiche fisiche, morfologiche e biologiche) Chauvet nel 1994, questa grotta, scavata nei secoli da un fiume, si allunga per 500 m all’interno di una montagna. Al suo interno oltre al ritrovamento di pitture ed incisioni rupestri (ovvero su parete rocciosa) di diversi animali (quali bisonti, mammut, gufi, rinoceronti, leoni, orsi, cervi, cavalli, iene, renne ed enormi felini), si è ritrovato il cranio di un orso posto su un masso isolato, come se fosse sopra ad un altare. Sicuramente prima di essere dimora dell’uomo, la grotta era stata rifugio di orsi. S’ipotizza infatti che la grotta fosse stata un importante centro di culto, attribuito ad una divinità come l’orso, inteso come incarnazione delle forze minacciose della natura. Gli uomini di Neanderthal credevano che con i crani e le ossa dei feroci orsi delle caverne, si potessero fare magie per scongiurare il male. Il culto dei crani poteva essere legato anche dalla convinzione che fosse necessario impedire al morto di ritornare tra i vivi staccandogli la testa.

LE GLACIAZIONI

Ogni fase glaciale era alternata da un periodo chiamato interglaciale. Durante questo periodo il ritiro dei ghiacciai determinava l’aumento del livello medio del mare. La glaciazione invece, era caratterizzata da un clima freddo e secco, durante il quale vi erano enormi quantità di ghiaccio, che sottraevano acqua agli oceani, provocando l’abbassamento del livello del mare e lasciando emerse vaste aree continentali. Attraverso queste terre emerse si diffusero gli ominidi del genere Homo, che durante l’ultima glaciazione, chiamata Würm, avvenuta da 80 a 10 mila anni fa, dovettero affrontare i diversi cambiamenti climatici. Insieme ai mutamenti del clima, le glaciazioni determinarono anche sensibili mutamenti nella distribuzione delle piante e degli animali. Nei periodi più freddi, e asciutti, cioè nelle fasi glaciali, vi era la presenza di tundra, costituita di muschi, licheni e rari arbusti di salici e larici, di foreste di conifere, ovvero piante sempreverdi legnose come il pino, la sequoia e l’abete, e vaste zone di steppe. Tra gli animali presenti in questa fase s’incontravano i mammut, i rinoceronti lanosi, l’orso delle caverne, la marmotta, il leone delle caverne, e molti altri, che si ricoprivano di folta pelliccia. Nei periodi più caldi, e piovosi, cioè nelle fasi interglaciali, si svilupparono boschi di querce, faggi, aceri, noccioli e piante a foglia caduca (non perenni). Tra gli animali erbivori erano presenti bòvidi, cèrvidi, renne, cavalli, elefanti, ippopotami, rinoceronti; tra i carnivori, invece, leoni, tigri, leopardi.

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Homo Sapiens

L’Homo sapiens, comparve in Africa 200mila anni fa, per poi diffondersi in Europa e Asia circa 50 mila anni fa. In Africa 1,2 milioni di anni fa tutti gli Australopitechi erano scomparsi ed era solo l’Homo erectus a dominare la scena. Questo cominciò a cambiare e a differenziarsi, manifestando caratteristiche sempre più vicine all’Homo sapiens, avendo una capacità cranica superiore ai 1100 cm3 (1300-1500); cranio più arrotondato; fronte più ampia; mento accentuato e minore sporgenza della mandibola. Questa specie di Homo era intelligente e pensante, sapeva parlare circa come noi, esprimendo mediante il linguaggio ciò che faceva e ciò che pensava. Aveva sviluppato una tecnica avanzata per la produzione di armi e utensili adatti a qualsiasi uso. Sapeva pescare, cacciare, costruire trappole per la piccola e la grande selvaggina e navigare. Viveva in società organizzate, dove erano ben distinti i diversi ruoli di ogni individuo: il capo, il grande cacciatore, l’anziano, lo stregone, la madre custode del fuoco e così via. Diede vita all’arte, la quale fu l’espressione più alta della sua intelligenza, lasciandoci come testimonianza, nelle caverne, le pitture parietali.

PALEOLITICO SUPERIORE

(dal greco palaios “antico” e lithos “pietra”, ossia età “della pietra antica”)
L’Homo sapiens lavorava sempre la pietra per ottenere soprattutto lame ed inoltre utilizzava materiali come ossa, corna di animali (avorio) per creare raffinati manufatti. Le tecniche di caccia vennero perfezionate: tra le armi più comunemente usate vi erano ancora le lance (con punte non solo di pietra, ma anche di osso o di avorio), zagaglie (arma primitiva simile ad una lancia piccola e leggera), arponi (utilizzati esclusivamente per la pesca), propulsori (un congegno atto a scagliare le lance con maggiore efficacia e potenza) e l’arco. Inoltre produceva anche oggetti d’arte, come le formose“veneri paleolitiche” (segno di abbondanza) o piccoli animaletti e oggetti ornamentali, come collane realizzate con conchiglie e denti forati. L’uomo non viveva più in caverne o grotte, ma iniziò a costruirsi delle vere e proprie capanne, come quella di Mezhirich, datata 15 mila anni fa e rinvenuta nel 1965 in Ucraina da un contadino che, scavando per espandere la propria cantina, scoprì una mascella di mammut. La capanna venne costruita con 385 ossa di mammut, ricoperta da pelli e quasi 30 enormi zanne vennero utilizzate come supporti per creare il tetto e il portico.

MAMMUT

(Mammuthus)
Vissuto dai 5 milioni ai 5 mila anni fa, imparentato con l’attuale elefante, aveva zanne molto più lunghe, ricurve verso l’alto e all’indietro. Era un animale adatto a climi gelidi, in quanto era rivestito da una folta pelliccia di peli lunghi e bruni, e sotto la pelle aveva uno spesso strato di grasso isolante. Alto circa 3 m e lungo più di 4,5 m, era erbivoro e si nutriva di piante basse. Infatti le zanne servivano non solo come arma di difesa, ma per spazzare la neve dalle erbe di cui si cibava. Gli uomini dovevano riunirsi in gruppi per cacciare un mammut e poi ne utilizzavano ogni sua parte: carne come cibo, pelle per coprirsi, ossa per la capanna e gli utensili, tendini per i vestiti, ecc…

L’ARTE PARIETALE

L’uomo di Cro-Magnon, che prese il nome del luogo del suo primo ritrovamento in Francia, diede vita all’arte parietale delle pitture delle caverne, al cui interno praticava dei veri e propri rituali magici, come fece l’Homo di Neanderthal. I rituali magici erano il primo mezzo con cui l’uomo cercò di stabilire la sua superiorità e supremazia sulla natura per dominarla, e tentò di vincere la paura del pericolo, della fame, della morte e dell’ignoto. Le grotte venivano usate per celebrazioni rituali, cerimonie religiose o riti di iniziazione e qui gli artisti preistorici non solo cercavano di riprodurre in maniera realistica gli animali presenti nel territorio e che venivano cacciati (bisonti, mammut, cinghiali, buòi, cavalli, cervi, rinoceronti, stambecchi, leoni, lupi, camosci), ma anche l’uomo in scene di caccia, figure femminili ed impronte di mani. Per rappresentare tutto ciò, utilizzavano alcuni colori naturali: il giallo, l’arancione e il bruno, ottenuti dalle terre colorate e dagli ossidi di ferro, dall’argilla; il bianco ricavato dal carbonato di calcio, come la calce e il gesso; il nero fatto con il carbone di legna (che ha un’alta concentrazione di carbonio). Venivano utilizzati inoltre l’acqua, il grasso, il sangue, l’albumina delle uova e resine vegetali da mescolare con le polveri colorate. I colori erano stesi direttamente con le dita o venivano utilizzati rametti di legno con peli di animale. Come i Neanderthal, anche i Cro-Magnon seppellivano i loro morti, spesso ricoprendoli di sostanze coloranti naturali, come l’ocra. All’interno della tomba venivano messi anche alcuni oggetti come strumenti realizzati in pietra o osso, oppure ornamenti personali che costituiscono il corredo del defunto.

Mesolitico

(Periodo intermedio)
I gruppi di cacciatori-raccoglitori si erano pian piano adattati alle nuove condizioni ambientali: dopo l’ultima grande glaciazione infatti, il clima migliorò, permettendo a molte specie animali e vegetali di svilupparsi. L’Homo sapiens ebbe a disposizione delle nuove risorse alimentari: non cacciò solo mammiferi e uccelli, ma anche tartarughe, molluschi, pesci marini e d’acqua dolce. Inoltre raccolse alimenti vegetali come nocciole bacche, frutti selvatici, leguminose. La capanna veniva costruita con rami ricoperti da pelli.

Neolitico

(dal greco nèos “nuovo” e lithos “pietra”, ossia età della “pietra nuova”)
L’uomo non sfruttava più solo le risorse offerte dalla natura ma cominciò a produrre il cibo di cui aveva bisogno, coltivando la terra e allevando gli animali. Le donne che da sempre si occupavano della raccolta di semi e frutti, notarono che dai semi lasciati cadere a terra, nascevano nuove piante. Questo segnò l’inizio dell’agricoltura: dalla macina di piante selvatiche si passò alla domesticazione dei cereali (soprattutto farro, ma anche orzo) e delle leguminose (pisello, cece). Per aspettare il nuovo raccolto, bisognava restare sullo stesso luogo per un periodo sufficientemente lungo, quindi nacquero i primi villaggi che sorgevano vicino ai fiumi e l’uomo da nomade diventò sedentario. Da tende si passò a capanne fatte di paglia, circondate da uno steccato, e a palafitte rialzate dal terreno, per difendersi dai predatori. Impararono anche ad allevare gli animali: alcuni cacciatori si accorsero che i cuccioli, una volta catturati si abituavano alla presenza dell’uomo e diventavano domestici. Allevandoli si avevano sempre a disposizione latte e carne, e li si poteva utilizzare anche per il trasporto: si diede così l’avvio all’addomesticamento (I primi animali addomesticati furono: lupo, pecora, maiale, bue). I pastori invece restavano nomadi, sempre alla ricerca di pascoli. Per conservare i prodotti dell’allevamento e dell’agricoltura, l’uomo fabbricò contenitori in argilla, un tipo di terra che si poteva modellare facilmente e osservò l’indurimento, in seguito all’azione del fuoco, delle superfici in terra battuta o degli intonachi argillosi usati per rivestire le abitazioni. Le donne impararono a filare la lana delle pecore e fibre vegetali, (graminacee, canapa, giunchi, stipa, ginestra, ortica, lino, alberi come salice, olmo, quercia), a tessere costruendo telai e a tingere i tessuti con colori vegetali. L’avvento dei tessuti era stato preceduto dai cordami e dagli intrecci (fatti con il salice, il viburno, erbe palustri e graminacee), utilizzati per costruire capanne, vestiti, collane e nella pesca.

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CHARLES DARWIN

Nato il 12 febbraio 1809 in Inghilterra, Charles Darwin faceva parte di un’agiata famiglia borghese e fu avviato agli studi di medicina in modo che potesse seguire la stessa carriera del padre e del nonno.
Abbandonati gli studi di medicina verso i quali provava uno scarso interesse, Darwin intraprese, sotto la pressione della famiglia, la carriera ecclesiastica, ai suoi occhi ancora peggio di quella medica.
Darwin, infatti, covava un acceso amore per le scienze naturali e così, quando si presentò l’occasione di prendere parte, in qualità di naturalista di bordo, ad un viaggio sul brigantino “Beagle”, si imbarcò di corsa pur contro il volere paterno.
La spedizione durò ben 5 anni, nella quale raccolse molte informazioni. Le osservazioni gli permisero di formulare e dimostrare importanti teorie, che furono la base per studi successivi. Nel 1859 scrisse un importantissimo libro: “Sull’origine delle specie per mezzo della selezione naturale”, dove espone due concetti fondamentali: il termine “evoluzione” (il cambiamento, o la trasformazione, delle specie: le specie nascono, si modificano e muoiono nel corso dei millenni) e “adattamento/selezione naturale” (cioè gli esseri viventi sono in continua competizione tra loro per la sopravvivenza: i più adatti all’ambiente, ossia quelli più resistenti alle malattie, più abili a difendersi, a trovare il cibo e a nascondersi, sopravvivono, gli altri muoiono). Darwin non s’interessò solo a studiare rocce, piante e animali, ma anche l’uomo. Infatti pubblicò nel 1871 il libro su “L’origine dell’uomo”, dove trattò il rapporto tra uomo e scimmia, solo accennato nel precedente manoscritto. L’uomo moderno (Homo sapiens sapiens) appartiene all’ordine dei Primati (dal latino primatem ossia “principale”, perché occupa il primo posto nella classificazione zoologica) apparsi sulla terra 60 milioni di anni fa da proscimmie primitive. Darwin diceva che uomo e scimmia devono aver avuto un progenitore, un antenato in comune, e che poi la strada dell’uomo e delle altre scimmie antropomorfe (simili all’uomo) si è divisa. Gli antropologi compiono ancora tutt’oggi questa lunga ricerca degli antenati comuni, attraverso lo studio dei fossili.

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Età dei metalli: otzi

Circa 7000 anni fa, gli uomini osservarono, probabilmente mentre mettevano ad essiccare l’argilla vicino al focolare, che alcune pietre, con il calore, si scioglievano e poi, lontano dal fuoco, ritornavano ad essere dure: scoprirono i metalli. Un ritrovamento eccezionale fu sicuramente l’uomo di Similaum (Età del rame), rinvenuto presso l’omonimo massiccio, sul confine alpino tra Italia e Austria, il 19 settembre 1991, vissuto 5.300 anni prima, nell’epoca di transizione dal Neolitico all’Età dei Metalli. Ótzi è una mummia naturale: non c’è sul nostro pianeta alcuna mummia naturale di età paragonabile. Dopo la morte, il cadavere venne ricoperto da una coltre di neve polverosa e secca che ha evitato al corpo la decomposizione, in seguito il ghiaccio lo ha conservato per migliaia di anni consegnandolo a noi quasi intatto, con pelle, organi interni, muscoli, cervello ed occhi, oltre ai vestiti, all’equipaggiamento e alle armi che aveva con sé il giorno in cui è morto. Òtzi pesava 50 chili ed era alto circa 1 metro e 60 centimetri e aveva circa 45 anni, un’età considerevole per un’epoca in cui la durata media della vita era molto bassa. I suoi abiti erano adeguati alle basse temperature d’alta montagna: un lungo giaccone di pelle di capra, scarpe con suola di cuoio e riempite con paglia e fieno, e un copricapo di pelliccia d’orso. Aveva con sé due contenitori costruiti con corteccia di betulla, che servivano per trasportare la brace e conservare quindi il fuoco. L’oggetto più significativo ritrovato fu sicuramente l’ascia, utilizzata per abbattere gli alberi, con manico in legno che permetteva l’inserimento della lama in rame, fissata con pece di betulla e stringhe di pelle. Insieme all’oro, il rame fu uno tra i primi metalli lavorati dall’uomo: entrambi i metalli esistono in natura, anche in forma pura, seppure raramente, e nelle Alpi i giacimenti di minerali ramiferi erano ben noti. Il rame, essendo un metallo morbido e plasmabile, era facile da lavorare. Inizialmente venivano creati oggetti martellando a freddo pezzi di rame puro, e solo dopo s’iniziò a lavorare anche i minerali ramiferi, estraendo il rame, fondendolo e colandolo in stampi. Otzi fu un chiaro esempio di come il suo equipaggiamento non era costituito solo da oggetti in metallo, ma anche in selce, come ad esempio le punte del pugnale e delle frecce, e in pietra, che rimasero, anche durante l’età dei metalli, le materie prime in uso per la produzione di attrezzi ed armi.

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