Mappa

Didattica

Antropologia

Vertebrati

Sala
Preistoria

Dal Proconsul all’Homo sapiens, alla scoperta del nostro passato con ricostruzioni a grandezza naturale della fauna e degli ominidi della preistoria.

La sala

La sala dedicata all’evoluzione dell’uomo espone fedeli ricostruzioni dei più grandi ritrovamenti a grandezza naturale.


Dal Proconsul all’Ardipithecus ramidus; dall’Australopithecus afarensis fino ad arrivare all’Homo sapiens, sono stati ricreati dei diorami che rappresentano scene di vita quotidiana che danno modo al visitatore di capire i grandi cambiamenti avvenuti nel corso dei millenni. Presente anche la fauna, dal grosso Mammut alla Tigre dai denti a sciabola, all’Orso delle caverne; il tutto arricchito da teche contenenti reperti ed orpelli che ne approfondiscono i contenuti storico scientifici.

Dentro puoi trovare...

Proconsul

Alcuni fossili rinvenuti di 20-16 milioni di anni fa dimostrarono l’esistenza di animali che vivevano ancora sugli alberi sebbene a volte riuscissero anche a camminare sugli arti posteriori, poggiando le nocche di quelli anteriori per mantenere l’equilibrio. Si dice che erano bipedi facoltativi, cioè potevano sia arrampicarsi sugli alberi, che camminare a terra. Nel 1948 Mary Leakey rinvenne dei resti scheletrici nell’isola Rusinga del Lago Vittoria (Kenya), attribuiti ad un individuo di Proconsul africanus. Il cranio, la dentatura e la mancanza della coda erano caratteristici degli Ominoidea (Gorilla, Orango, Scimpanzè, Bonobo, Gibbone, Uomo); mentre lo scheletro post-craniale invece era simile a quello delle altre scimmie (per es. i Cercopitechi).

Gallery

Ardi

Tra il 1992 e il 1994 ad Aramis, in Etiopia, sono stati rinvenuti resti di un ominide (Ardipithecus ramidus), risalenti a 4,4 milioni di anni fa. Ardi aveva molte caratteristiche intermedie tra lo scimpanzè e l’Australopithecus afarensis, come lo smalto dei denti, le dimensioni dei canini e dei molari e l’opponibilità dell’alluce. Il ritrovamento fu importante perché era il più antico Australopiteco ritrovato ed era già bipede. Abitava nella foresta, quindi a dispetto di quello che si era sempre creduto, questo dimostra che il bipedismo era nato in foresta e si era poi evoluto in ambienti aperti, come la savana.

CAMBIAMENTI CON LA POSIZIONE ERETTA

La conquista della posizione eretta ha comportato diversi cambiamenti, soprattutto a carico dell’apparato locomotore, avvenuti gradualmente nel giro di milioni di anni. Il foro occipitale, punto di attaccatura del cranio sulla colonna vertebrale, si è spostato verso il basso, così la colonna vertebrale, dalla posizione orizzontale (tipica dei quadrupedi) è diventata verticale (bipedi) e per essere elastica e scaricare il peso del corpo si sono formate due curve (cifosi e lordosi); il bacino si è allargato e accorciato per sostenere gli organi dell’addome; il femore si è allungato e inclinato verso l’interno; le dita del piede si sono accorciate e la pianta si è allargata inarcandosi, per dare una base d’appoggio più efficiente. Con la conquista della stazione eretta non sono avvenuti solo cambiamenti all’apparato locomotore: l’arto superiore infatti, rimasto libero, si è modificato per permettere la manipolazione di oggetti, con conseguente sviluppo della mano, in particolare del pollice opponibile. Si sono sviluppate anche parti della corteccia cerebrale che possiedono il controllo della mano (manipolazione) e i centri visivi per il perfezionamento dell’occhio. E’ avvenuta la riduzione della mandibola e dei muscoli che presiedono la masticazione, grazie alla cottura dei cibi e al cambiamento di alimentazione. La dentatura si è modificata: da robusti denti per masticare radici e tuberi, a denti di dimensioni minori, soprattutto per quanto riguarda i molari. Il prognatismo, cioè la sporgenza in avanti della mandibola, si è ridotto. Il volume della scatola cranica è aumentato, in quanto più tondeggiante e ampia, accompagnato dallo sviluppo delle capacità cerebrali (sviluppo corteccia cerebrale, cioè della zona del cervello che presiede all’associazione degli impulsi nervosi).

Gallery

AUSTRALOPITECO AFARENSIS

Gli Australopitechi vissero fra i 3,7 e 1,2 milioni di anni fa, in varie zone dell’Africa meridionale e orientale. Erano ominidi con andatura bipede, scatola cranica piccola (400-550 cm3), accentuato prognatismo, dentatura primitiva, alti poco più di un metro e con un peso corporeo compreso tra i 35 e 45 kg. Attualmente sono note 4 specie principiali del genere Australopiteco: afarensis 3,7-2,8 milioni di anni fa; africanus: 3–2 milioni di anni fa; boisei e robustus 2-1,2 milioni di anni fa. Dall’osservazione dei crani si è potuto notare che l’Australopithecus afarensis, vissuto 4-3 milioni di anni fa, ha il cranio piuttosto piccolo, la faccia invece è grande e protesa in avanti, c’è una prognatura, i denti anteriori come i canini sono ridotti, mentre i molari e i premolari sono decisamente voluminosi.

LUCY

Nel 1974 in Etiopia c’è stato un importantissimo ritrovamento di ominide, da parte di un gruppo di antropologi americani, mentre ascoltavano alla radio “Lucy in the sky with diamonds” (dei Beatles): uno scheletro ben conservato e quasi completo (40%) di Australopithecus afarensis (dal latino auster “australe, meridionale, del sud” e dal greco pithecos “scimmia”, ovvero scimmia del sud, e afarensis, dal nome di una regione in Etiopia). Lucy, così venne chiamata, visse 3,2 milioni di anni fa, era alta 107cm, pesava tra i 29 e i 45 kg, grazie alla forma del bacino si è potuto constatare che era una donna, aveva circa 25-30 anni, che al tempo erano molti dato che l’età media di questi ominidi era di circa 30-35 anni. Grazie al ritrovamento dell’osso pelvico (ossia del bacino), tibia e femore si è potuto constatare che camminava eretta, anche se aveva braccia ancora molto lunghe, il cervello molto piccolo, il muso sporgente come quello di una scimmia e la dentatura ancora primitiva: Lucy era erbivora e mangiava vegetali come frutta, noci, radici e tuberi che doveva riuscire a masticare.

PASSEGGIATA DI LAETOLI

Uno dei ritrovamenti più importanti per la ricostruzione della storia dei nostri antenati, è avvenuto nel 1978 a Laetoli in Tanzania. Gli antropologi, su uno strato di cenere vulcanica fossilizzata, notarono delle impronte di alcune gocce di pioggia. Iniziarono così a scavare tutto lo strato circostante portando alla luce moltissime impronte di animali (circa 50000, tra elefanti, uccelli, rinoceronti, giraffe, felini, galline, faraone, conigli, insetti…) che camminavano in quello strato ricoperto dalle ceneri, ancora fresche, del vulcano Sadiman. Dopo 2 anni di lavoro vennero rinvenute impronte di tre ominidi dall’antropologa Mary Leakey, vissuti 3,7 milioni di anni fa: si pensa sia stata una famiglia di Autralopithecus afarensis, formata da 2 adulti, un grosso maschio e una femmina più esile che camminavano forse tenendosi per mano, seguiti da un altro individuo più piccolo, che si divertiva a porre il suo piede sopra l’orma lasciata dal maschio, come se saltasse da un’orma all’altra. Animali e ominidi camminavano tutti nella stessa direzione lasciandosi alle spalle il vulcano. Lo studio di queste impronte ha permesso di capire che gli individui erano già perfettamente bipedi e che camminavano in modo simile al nostro. Da queste osservazioni si è dedotto che la separazione fra la linea evolutiva che ha portato alla linea dell’uomo e quella che ha portato alle scimmie antropomorfe sia avvenuta in un periodo compreso tra 7 e 4 milioni di anni fa. Le tracce della passeggiata furono immediatamente ricoperte da un nuovo strato di cenere vulcanica e con i diversi temporali che si susseguivano tra un’eruzione e l’altra, la cenere veniva bagnata e successivamente solidificata conservando così le impronte, formando nel corso dei millenni altri strati di sedimenti.

Gallery

Homo Habilis

Il genere Homo

L’Homo si adattò al nuovo ambiente della savana, modificando anche la sua alimentazione: adottò una dieta carnivora, prima praticando lo sciacallaggio, ossia approfittando degli avanzi lasciati dai grandi predatori della savana o delle carcasse di animali morti per cause naturali, successivamente imparando l’arte della caccia organizzandosi in gruppo e pianificando strategie. Il cranio nel genere Homo non presentava quindi la cresta sagittale, i denti anteriori erano più grandi di quelli posteriori e il cervello era molto più sviluppato rispetto a quello dei precedenti ominidi.

HOMO HABILIS

I primi rappresentanti del genere Homo comparvero in Africa intorno ai 2,2 milioni di anni fa, quando erano presenti ancora i primi Australopitechi. Il loro nome deriva dal latino “uomo abile, fabbricatore, costruttore di utensili”, in quanto in grado di fabbricare piccoli strumenti in pietra: choppers, ovvero ciottoli e sassi lavorati mediante lo stacco di una o più schegge dalla stessa faccia, e Chopping-tools, ciottoli scheggiati su ambedue le facce. Queste pietre servivano a schiacciare cibi coriacei e fibrosi, spaccare tuberi e vegetali legnosi, frantumare noci e semi, colpire e uccidere animali, staccare pezzi di carne da animali già morti e spezzare le ossa al fine di estrarne il midollo. La capacità cranica era leggermente aumentata (600-800 cm3), le arcate sopracciliari e la sporgenza della mandibola ridotte, il foro occipitale spostato verso il basso e la dentatura già tipica di un onnivoro.

Gallery

Homo Erectus

Intorno a 1,6 milioni di anni fa cominciò a diffondersi, prima in Africa, poi in Asia e in Europa, una nuova specie: l’Homo erectus. Egli perfezionò gli strumenti litici fabbricando le Amigdale (che significa a forma di mandorla), ovvero ciottoli e sassi scheggiati simmetricamente sulle due facce molto appuntite e taglienti a forma ovale o di goccia utilizzati come coltelli, punta di lancia e se legati ad un bastone come ascia. L’Homo erectus non sapeva solo usare armi, utensili e cacciare con diverse strategie ma sapeva anche dominare e usare il fuoco. Sicuramente i primi ominidi conoscevano il fuoco, viste le continue eruzioni vulcaniche e i numerosi incendi spontanei di foreste e di praterie, provocati dalla caduta di fulmini, ma lo evitavano. L’uso controllato permise la successiva evoluzione dell’uomo. Inizialmente non sapevano accenderlo, ma con pezzi di legno cercavano di alimentarlo, lo riparavano dalle piogge e lo conservavano a lungo portando con loro in viaggio tizzoni ardenti. Il fuoco diventò un elemento essenziale per soddisfare i loro bisogni naturali primari quali: riscaldarsi, difendersi dagli animali, illuminare, cuocere i cibi rendendoli morbidi, saporiti e più digeribili. Solo in seguito l’uomo imparò ad accenderlo percuotendo insieme due pezzi di pietre, l’una ferrosa e l’altra di selce, o con lo sfregamento rapido di due legnetti provocando così delle scintille che cadendo su materiale facilmente infiammabile come foglie, erbe o muschio secco, accendevano dei veri e propri falò. Grazie al consumo di carne e all’utilizzo del fuoco per cuocerla, la durata della vita si allungò, la masticazione venne facilitata ed i muscoli masticatori si ridussero. Questa grande conquista permise un rapido aumento della popolazione e la nascita dell’esigenza di cercare nuovi spazi: iniziò quindi la diffusione del genere Homo anche in Europa ed in Asia.

TIGRE A DENTI A SCIABOLA (MACHAIRODONTINAE)

Questo felino visse 13–2 milioni di anni fa e la caratteristica principale era sicuramente la presenza di lunghi canini superiori a forma di sciabola. Queste zanne erano delle armi micidiali utili per la caccia: balzava addosso alle grandi prede, affondando le zanne nel collo e producendo ampie lacerazioni. Dopodiché si allontanava e lasciava che le malcapitate morissero dissanguate.

Gallery

Homo di Neandertal

L’Homo di Neanderthal dominò non solo l’Europa, ma si diffuse anche in Asia occidentale, tra i 100 e i 35 mila anni fa, durante l’ultima glaciazione. Grazie alle sue notevoli capacità di adattamento all’ambiente, visse principalmente in climi freddi; infatti non erano molto alto, circa 150–160 cm ed era abbastanza robusto e muscoloso, con arti relativamente corti, per evitare la dispersione del calore corporeo. La mascella era massiccia, il mento sfuggente, i denti molto robusti, le narici larghe per riscaldare e umidificare in modo più efficiente l’aria di un ambiente freddo e secco, le arcate sopraccigliari robuste, e il cranio era grande perché il cervello era più sviluppato rispetto gli altri ominidi, il volume del cranio raggiunse i 1500-1600 cm3 (superiore al nostro). Avevano arcate dentarie spostate in avanti e questo si pensa sia associato all’uso dei denti come strumenti di lavoro, per lavorare e tagliare le pelli, per vestirsi oppure per costruire sacchi dove raccogliere utensili e cibi, o degli otri per l’acqua. Erano diventati dei cacciatori specializzati e perfezionarono diverse strategie di caccia; infatti catturavano animali grandi come il mammut e il rinoceronte lanoso, con strumenti ricavati da ossa e corna. L’uomo non viveva più sotto un cielo stellato, ma in caverne o grotte fredde e umide, spesso riscaldate da focolari: abitazioni più sicure dagli attacchi dei predatori, dagli agenti atmosferici e che offrivano la possibilità di accumulare provviste. Gli uomini di Neanderthal vivevano in gruppi poco numerosi, ma ben organizzati, ognuno aveva un ruolo fondamentale: l’anziano custodiva il sapere e dava consigli; il giovane era il cacciatore, colui che aveva forza e forniva cibo attraverso la caccia a tutto il gruppo; la donna provvedeva alla raccolta, alimentava e custodiva il fuoco e si prendeva cura dei figli. Sicuramente comunicavano tra di loro mediante una forma di linguaggio adatta alla vita sociale che avevano sviluppato, emettendo alcune vocali ed associando particolari suoni a determinate cose o azioni. Non è ancora stata stabilita la causa dell’estinzione dell’Homo di Neanderthal, ma si pensa che data la sua scarsa capacità organizzativa rispetto al sapiens, permise a quest’ultimo arrivato dall’Africa di diffondersi anche in Europa, già da circa 40 mila anni fa. Sembra che gli uomini di Neanderthal siano stati i primi a seppellire i loro morti, dando inizio al culto di essi. Vennero rinvenuti scheletri sepolti in tombe scavate sul fondo delle grotte assieme ad utensili e armi che ritenevano potessero servire dopo la morte. Insieme al culto dei morti, si pensa che l’uomo di Neanderthal credesse nella presenza degli spiriti degli animali: in molte caverne da lui abitate vennero rinvenuti crani di orso deposti a volte su delle specie di “altari”.

RINOCERONTE LANOSO (COELODONTA ANTIQUITATIS)

Vissuto 500 mila anni fa, si estinse 10 mila anni fa durante la fine delle glaciazioni a causa degli improvvisi mutamenti climatici. Il corpo era interamente rivestito da due strati di pelo: uno più sottile che rivestiva la pelle dell’animale, l’altro più superficiale composto da peli più lunghi e rigidi. Aveva le corna come difesa dai predatori, infatti non si cibava di carne, ma di erba, cespugli, muschi e licheni, che brucava nella tundra.

GROTTA DI CHAUVET

Trovata in Francia dallo speleologo (cioè colui che studia le grotte, la loro origine e le loro caratteristiche fisiche, morfologiche e biologiche) Chauvet nel 1994, questa grotta, scavata nei secoli da un fiume, si allunga per 500 m all’interno di una montagna. Al suo interno oltre al ritrovamento di pitture ed incisioni rupestri (ovvero su parete rocciosa) di diversi animali (quali bisonti, mammut, gufi, rinoceronti, leoni, orsi, cervi, cavalli, iene, renne ed enormi felini), si è ritrovato il cranio di un orso posto su un masso isolato, come se fosse sopra ad un altare. Sicuramente prima di essere dimora dell’uomo, la grotta era stata rifugio di orsi. S’ipotizza infatti che la grotta fosse stata un importante centro di culto, attribuito ad una divinità come l’orso, inteso come incarnazione delle forze minacciose della natura. Gli uomini di Neanderthal credevano che con i crani e le ossa dei feroci orsi delle caverne, si potessero fare magie per scongiurare il male. Il culto dei crani poteva essere legato anche dalla convinzione che fosse necessario impedire al morto di ritornare tra i vivi staccandogli la testa.

LE GLACIAZIONI

Ogni fase glaciale era alternata da un periodo chiamato interglaciale. Durante questo periodo il ritiro dei ghiacciai determinava l’aumento del livello medio del mare. La glaciazione invece, era caratterizzata da un clima freddo e secco, durante il quale vi erano enormi quantità di ghiaccio, che sottraevano acqua agli oceani, provocando l’abbassamento del livello del mare e lasciando emerse vaste aree continentali. Attraverso queste terre emerse si diffusero gli ominidi del genere Homo, che durante l’ultima glaciazione, chiamata Würm, avvenuta da 80 a 10 mila anni fa, dovettero affrontare i diversi cambiamenti climatici. Insieme ai mutamenti del clima, le glaciazioni determinarono anche sensibili mutamenti nella distribuzione delle piante e degli animali. Nei periodi più freddi, e asciutti, cioè nelle fasi glaciali, vi era la presenza di tundra, costituita di muschi, licheni e rari arbusti di salici e larici, di foreste di conifere, ovvero piante sempreverdi legnose come il pino, la sequoia e l’abete, e vaste zone di steppe. Tra gli animali presenti in questa fase s’incontravano i mammut, i rinoceronti lanosi, l’orso delle caverne, la marmotta, il leone delle caverne, e molti altri, che si ricoprivano di folta pelliccia. Nei periodi più caldi, e piovosi, cioè nelle fasi interglaciali, si svilupparono boschi di querce, faggi, aceri, noccioli e piante a foglia caduca (non perenni). Tra gli animali erbivori erano presenti bòvidi, cèrvidi, renne, cavalli, elefanti, ippopotami, rinoceronti; tra i carnivori, invece, leoni, tigri, leopardi.

Gallery

Homo Sapiens

L’Homo sapiens, comparve in Africa 200mila anni fa, per poi diffondersi in Europa e Asia circa 50 mila anni fa. In Africa 1,2 milioni di anni fa tutti gli Australopitechi erano scomparsi ed era solo l’Homo erectus a dominare la scena. Questo cominciò a cambiare e a differenziarsi, manifestando caratteristiche sempre più vicine all’Homo sapiens, avendo una capacità cranica superiore ai 1100 cm3 (1300-1500); cranio più arrotondato; fronte più ampia; mento accentuato e minore sporgenza della mandibola. Questa specie di Homo era intelligente e pensante, sapeva parlare circa come noi, esprimendo mediante il linguaggio ciò che faceva e ciò che pensava. Aveva sviluppato una tecnica avanzata per la produzione di armi e utensili adatti a qualsiasi uso. Sapeva pescare, cacciare, costruire trappole per la piccola e la grande selvaggina e navigare. Viveva in società organizzate, dove erano ben distinti i diversi ruoli di ogni individuo: il capo, il grande cacciatore, l’anziano, lo stregone, la madre custode del fuoco e così via. Diede vita all’arte, la quale fu l’espressione più alta della sua intelligenza, lasciandoci come testimonianza, nelle caverne, le pitture parietali.

PALEOLITICO SUPERIORE

(dal greco palaios “antico” e lithos “pietra”, ossia età “della pietra antica”)
L’Homo sapiens lavorava sempre la pietra per ottenere soprattutto lame ed inoltre utilizzava materiali come ossa, corna di animali (avorio) per creare raffinati manufatti. Le tecniche di caccia vennero perfezionate: tra le armi più comunemente usate vi erano ancora le lance (con punte non solo di pietra, ma anche di osso o di avorio), zagaglie (arma primitiva simile ad una lancia piccola e leggera), arponi (utilizzati esclusivamente per la pesca), propulsori (un congegno atto a scagliare le lance con maggiore efficacia e potenza) e l’arco. Inoltre produceva anche oggetti d’arte, come le formose“veneri paleolitiche” (segno di abbondanza) o piccoli animaletti e oggetti ornamentali, come collane realizzate con conchiglie e denti forati. L’uomo non viveva più in caverne o grotte, ma iniziò a costruirsi delle vere e proprie capanne, come quella di Mezhirich, datata 15 mila anni fa e rinvenuta nel 1965 in Ucraina da un contadino che, scavando per espandere la propria cantina, scoprì una mascella di mammut. La capanna venne costruita con 385 ossa di mammut, ricoperta da pelli e quasi 30 enormi zanne vennero utilizzate come supporti per creare il tetto e il portico.

MAMMUT

(Mammuthus)
Vissuto dai 5 milioni ai 5 mila anni fa, imparentato con l’attuale elefante, aveva zanne molto più lunghe, ricurve verso l’alto e all’indietro. Era un animale adatto a climi gelidi, in quanto era rivestito da una folta pelliccia di peli lunghi e bruni, e sotto la pelle aveva uno spesso strato di grasso isolante. Alto circa 3 m e lungo più di 4,5 m, era erbivoro e si nutriva di piante basse. Infatti le zanne servivano non solo come arma di difesa, ma per spazzare la neve dalle erbe di cui si cibava. Gli uomini dovevano riunirsi in gruppi per cacciare un mammut e poi ne utilizzavano ogni sua parte: carne come cibo, pelle per coprirsi, ossa per la capanna e gli utensili, tendini per i vestiti, ecc…

L’ARTE PARIETALE

L’uomo di Cro-Magnon, che prese il nome del luogo del suo primo ritrovamento in Francia, diede vita all’arte parietale delle pitture delle caverne, al cui interno praticava dei veri e propri rituali magici, come fece l’Homo di Neanderthal. I rituali magici erano il primo mezzo con cui l’uomo cercò di stabilire la sua superiorità e supremazia sulla natura per dominarla, e tentò di vincere la paura del pericolo, della fame, della morte e dell’ignoto. Le grotte venivano usate per celebrazioni rituali, cerimonie religiose o riti di iniziazione e qui gli artisti preistorici non solo cercavano di riprodurre in maniera realistica gli animali presenti nel territorio e che venivano cacciati (bisonti, mammut, cinghiali, buòi, cavalli, cervi, rinoceronti, stambecchi, leoni, lupi, camosci), ma anche l’uomo in scene di caccia, figure femminili ed impronte di mani. Per rappresentare tutto ciò, utilizzavano alcuni colori naturali: il giallo, l’arancione e il bruno, ottenuti dalle terre colorate e dagli ossidi di ferro, dall’argilla; il bianco ricavato dal carbonato di calcio, come la calce e il gesso; il nero fatto con il carbone di legna (che ha un’alta concentrazione di carbonio). Venivano utilizzati inoltre l’acqua, il grasso, il sangue, l’albumina delle uova e resine vegetali da mescolare con le polveri colorate. I colori erano stesi direttamente con le dita o venivano utilizzati rametti di legno con peli di animale. Come i Neanderthal, anche i Cro-Magnon seppellivano i loro morti, spesso ricoprendoli di sostanze coloranti naturali, come l’ocra. All’interno della tomba venivano messi anche alcuni oggetti come strumenti realizzati in pietra o osso, oppure ornamenti personali che costituiscono il corredo del defunto.

Mesolitico

(Periodo intermedio)
I gruppi di cacciatori-raccoglitori si erano pian piano adattati alle nuove condizioni ambientali: dopo l’ultima grande glaciazione infatti, il clima migliorò, permettendo a molte specie animali e vegetali di svilupparsi. L’Homo sapiens ebbe a disposizione delle nuove risorse alimentari: non cacciò solo mammiferi e uccelli, ma anche tartarughe, molluschi, pesci marini e d’acqua dolce. Inoltre raccolse alimenti vegetali come nocciole bacche, frutti selvatici, leguminose. La capanna veniva costruita con rami ricoperti da pelli.

Neolitico

(dal greco nèos “nuovo” e lithos “pietra”, ossia età della “pietra nuova”)
L’uomo non sfruttava più solo le risorse offerte dalla natura ma cominciò a produrre il cibo di cui aveva bisogno, coltivando la terra e allevando gli animali. Le donne che da sempre si occupavano della raccolta di semi e frutti, notarono che dai semi lasciati cadere a terra, nascevano nuove piante. Questo segnò l’inizio dell’agricoltura: dalla macina di piante selvatiche si passò alla domesticazione dei cereali (soprattutto farro, ma anche orzo) e delle leguminose (pisello, cece). Per aspettare il nuovo raccolto, bisognava restare sullo stesso luogo per un periodo sufficientemente lungo, quindi nacquero i primi villaggi che sorgevano vicino ai fiumi e l’uomo da nomade diventò sedentario. Da tende si passò a capanne fatte di paglia, circondate da uno steccato, e a palafitte rialzate dal terreno, per difendersi dai predatori. Impararono anche ad allevare gli animali: alcuni cacciatori si accorsero che i cuccioli, una volta catturati si abituavano alla presenza dell’uomo e diventavano domestici. Allevandoli si avevano sempre a disposizione latte e carne, e li si poteva utilizzare anche per il trasporto: si diede così l’avvio all’addomesticamento (I primi animali addomesticati furono: lupo, pecora, maiale, bue). I pastori invece restavano nomadi, sempre alla ricerca di pascoli. Per conservare i prodotti dell’allevamento e dell’agricoltura, l’uomo fabbricò contenitori in argilla, un tipo di terra che si poteva modellare facilmente e osservò l’indurimento, in seguito all’azione del fuoco, delle superfici in terra battuta o degli intonachi argillosi usati per rivestire le abitazioni. Le donne impararono a filare la lana delle pecore e fibre vegetali, (graminacee, canapa, giunchi, stipa, ginestra, ortica, lino, alberi come salice, olmo, quercia), a tessere costruendo telai e a tingere i tessuti con colori vegetali. L’avvento dei tessuti era stato preceduto dai cordami e dagli intrecci (fatti con il salice, il viburno, erbe palustri e graminacee), utilizzati per costruire capanne, vestiti, collane e nella pesca.

Gallery

CHARLES DARWIN

Nato il 12 febbraio 1809 in Inghilterra, Charles Darwin faceva parte di un’agiata famiglia borghese e fu avviato agli studi di medicina in modo che potesse seguire la stessa carriera del padre e del nonno.
Abbandonati gli studi di medicina verso i quali provava uno scarso interesse, Darwin intraprese, sotto la pressione della famiglia, la carriera ecclesiastica, ai suoi occhi ancora peggio di quella medica.
Darwin, infatti, covava un acceso amore per le scienze naturali e così, quando si presentò l’occasione di prendere parte, in qualità di naturalista di bordo, ad un viaggio sul brigantino “Beagle”, si imbarcò di corsa pur contro il volere paterno.
La spedizione durò ben 5 anni, nella quale raccolse molte informazioni. Le osservazioni gli permisero di formulare e dimostrare importanti teorie, che furono la base per studi successivi. Nel 1859 scrisse un importantissimo libro: “Sull’origine delle specie per mezzo della selezione naturale”, dove espone due concetti fondamentali: il termine “evoluzione” (il cambiamento, o la trasformazione, delle specie: le specie nascono, si modificano e muoiono nel corso dei millenni) e “adattamento/selezione naturale” (cioè gli esseri viventi sono in continua competizione tra loro per la sopravvivenza: i più adatti all’ambiente, ossia quelli più resistenti alle malattie, più abili a difendersi, a trovare il cibo e a nascondersi, sopravvivono, gli altri muoiono). Darwin non s’interessò solo a studiare rocce, piante e animali, ma anche l’uomo. Infatti pubblicò nel 1871 il libro su “L’origine dell’uomo”, dove trattò il rapporto tra uomo e scimmia, solo accennato nel precedente manoscritto. L’uomo moderno (Homo sapiens sapiens) appartiene all’ordine dei Primati (dal latino primatem ossia “principale”, perché occupa il primo posto nella classificazione zoologica) apparsi sulla terra 60 milioni di anni fa da proscimmie primitive. Darwin diceva che uomo e scimmia devono aver avuto un progenitore, un antenato in comune, e che poi la strada dell’uomo e delle altre scimmie antropomorfe (simili all’uomo) si è divisa. Gli antropologi compiono ancora tutt’oggi questa lunga ricerca degli antenati comuni, attraverso lo studio dei fossili.

Gallery

Età dei metalli: otzi

Circa 7000 anni fa, gli uomini osservarono, probabilmente mentre mettevano ad essiccare l’argilla vicino al focolare, che alcune pietre, con il calore, si scioglievano e poi, lontano dal fuoco, ritornavano ad essere dure: scoprirono i metalli. Un ritrovamento eccezionale fu sicuramente l’uomo di Similaum (Età del rame), rinvenuto presso l’omonimo massiccio, sul confine alpino tra Italia e Austria, il 19 settembre 1991, vissuto 5.300 anni prima, nell’epoca di transizione dal Neolitico all’Età dei Metalli. Ótzi è una mummia naturale: non c’è sul nostro pianeta alcuna mummia naturale di età paragonabile. Dopo la morte, il cadavere venne ricoperto da una coltre di neve polverosa e secca che ha evitato al corpo la decomposizione, in seguito il ghiaccio lo ha conservato per migliaia di anni consegnandolo a noi quasi intatto, con pelle, organi interni, muscoli, cervello ed occhi, oltre ai vestiti, all’equipaggiamento e alle armi che aveva con sé il giorno in cui è morto. Òtzi pesava 50 chili ed era alto circa 1 metro e 60 centimetri e aveva circa 45 anni, un’età considerevole per un’epoca in cui la durata media della vita era molto bassa. I suoi abiti erano adeguati alle basse temperature d’alta montagna: un lungo giaccone di pelle di capra, scarpe con suola di cuoio e riempite con paglia e fieno, e un copricapo di pelliccia d’orso. Aveva con sé due contenitori costruiti con corteccia di betulla, che servivano per trasportare la brace e conservare quindi il fuoco. L’oggetto più significativo ritrovato fu sicuramente l’ascia, utilizzata per abbattere gli alberi, con manico in legno che permetteva l’inserimento della lama in rame, fissata con pece di betulla e stringhe di pelle. Insieme all’oro, il rame fu uno tra i primi metalli lavorati dall’uomo: entrambi i metalli esistono in natura, anche in forma pura, seppure raramente, e nelle Alpi i giacimenti di minerali ramiferi erano ben noti. Il rame, essendo un metallo morbido e plasmabile, era facile da lavorare. Inizialmente venivano creati oggetti martellando a freddo pezzi di rame puro, e solo dopo s’iniziò a lavorare anche i minerali ramiferi, estraendo il rame, fondendolo e colandolo in stampi. Otzi fu un chiaro esempio di come il suo equipaggiamento non era costituito solo da oggetti in metallo, ma anche in selce, come ad esempio le punte del pugnale e delle frecce, e in pietra, che rimasero, anche durante l’età dei metalli, le materie prime in uso per la produzione di attrezzi ed armi.

Gallery